Sergio Mazza, fondatore dell'organizzazione Samburu Smile Basketball Academy

Ogni viaggio in Africa è preceduto da uno miscuglio di emozioni. Spesso, negli ultimi anni, le paure hanno preso il sopravvento sulla curiosità e sulla gioia del vivere la nuova esperienza.
Paura di non trovare quello che ci si aspetta, di rendersi conto che determinati sforzi siano stati resi vani da errori vari, miei in primis, o da difficoltà dovute semplicemente alla complessità di operare e “programmare” in zone così remote e poco consone a progetti che vanno oltre l’immediatezza della consegna di cibo o abbigliamento!

E con questo stato d’animo vi lascio immaginare come sia stato il lungo viaggio di trasferimento, venerdì scorso, da Nairobi verso Suguta Marmar, prima tappa di Samburu Smile nel tour 2018.

Durante le 8 ore abbondanti di viaggio, i più disparati pensieri si alternavano nella mia mente, e quando sono arrivato alla missione, vedere il campo da basket desolatamente vuoto, con gli anelli piegati e le retine mancanti mi ha trasmesso un certo senso di angoscia, ma subito dopo sono stato travolto dall’affetto dei bambini accorsi attorno a me, e che festanti mi hanno letteralmente tirato giù dalla macchina!

Effettivamente il campo è messo male, i tabelloni, lo scorso anno, sono stati installati nel modo sbagliato, e ora se ne pagano le conseguenze. Ogni volta che si tira a canestro, e si colpisce il cerchio, forti vibrazioni mettono a dura prova la resistenza degli anelli. L’intera giornata di sabato è stata così dedicata alle riparazioni: grazie all’aiuto del coach e di alcuni “volontari” abbiamo smontato gli anelli rotti, sostituendoli con degli anelli più vecchi, ma forse più resistenti, che abbiamo ottenuto saldando parti diverse, poi si è cercato di rinforzare al meglio la struttura, aggiungendo delle placche di metallo per ingrandire lo spessore del tabellone, ma credo tutto questo durerà poco, e sarà necessario trovare qualcuno in grado di dissaldare l’intera struttura e modificarla in modo da renderla più resistente. Tutto questo ovviamente richiederà tempo e soldi, tutte cose che scarseggiano 🙂

La cosa positiva é stata, in tutto questo, sicuramente l’incontro col coach, che mi ha relazionato sull’attività fatta e sui materiali ricevuti; con mia grossa sorpresa nemmeno una maglietta è andata persa (ci sarebbe da ridire sulla pulizia, ma non possiamo fare i pignoli), e la sacca con i palloni era piena, anche se i palloni sono tutti bucati, distrutti, alcuni letteralmente a brandelli, e nemmeno uno ancora utilizzabile.

Questo sostanzialmente vuol dire due cose, entrambe positive: si è lavorato, e nessuno se li è fregati/venduti, come avvenuto più volte in passato.

La domenica mattina l’abbiamo passata in chiesa. Come tradizione qui a Suguta Marmar la “funzione” inizia alle 10, ma dalle 8:30 gran parte della comunità è già in chiesa a cantare e pregare. Della celebrazione come sempre ci ho capito poco o nulla, ma la gioia dei tanti bambini, e di tutti in generale, nel partecipare ad una funzione religiosa, mi ha messo come sempre di buon umore. Alle 12, poco prima della fine della Santa Messa, sono stato chiamato da Padre Albert sull’altare a dare il mio saluto alla comunità: ho anche provato ad abbozzare un saluto in Samburu, ma ero troppo emozionato, come sempre avere di fronte così tante persone, tutte quelle testoline nere di cui scorgevo solo i loro occhi, fissi su di me, mi ha fatto ingarbugliare la lingua!

La gente ha riso alle mie prime parole, magari mi hanno anche preso in giro 🙂 ma alla fine del mio breve discorso (molti non mi crederanno, ma io qui, rispetto agli standard locali, parlo molto poco) è arrivato un bell’applauso. E’ la mia sesta volta a Suguta, e sebbene non abbia grandi contatti con la comunità degli adulti, certe facce diventano familiari.

Al pomeriggio ho proposto di fare un torneo di basket con i ragazzi che hanno frequentato piu assiduamente l’Academy, circa 50 tra maschi e femmine, e così è salita da parte di tutti l’adrenalina. Da parte mia nel vedere loro all’opera, e da parte loro nell’indossare le nuove divise arrivate dall’Italia, generoso dono dei ragazzi, dei genitori e dello staff della Folgore Nocera/Indomita Pagani.

Non nego che quando li vedo all’opera, quando li vedo abbracciarsi prima di scendere in campo, quando si esaltano e si danno “cinque” per un canestro fatto mi emoziono non poco, al pensiero che tutto questo è frutto di tanto lavoro, di “sudore e lacrime”, di sacrifici, di rinunce, mie in primis ma anche di tante persone che mi sostengono dall’Italia.

A fine torneo piccoli premi e regali per tutti, ed un arrivederci ad oggi pomeriggio per gli allenamenti!

Samburu Smile di certo non cambierà l’Africa, però un piccolo segno in questa comunità lo sta lasciando, e io sono felice di questo, anche perché il segno più grande lo lascerà forse dentro di me, e già so che se un giorno dovessi decidere di non venire più qui, tutto questo mi mancherà da matti!

E quando scrivo o parlo di loro mi emoziono, e questo mi fa sentire vivo come poche altre cose al mondo!

(per tutte le foto e anche altro, vi invito a visitare la pagina di Samburu Smile su FB, e magari lasciare anche un bel “mi piace”, e, perché no, un commento).
Sergio Mazza per Samburu Smile Basketball Academy