Parlano i due leader di Virtus e Fortitudo che, a fine anni ’90, dominavano la scena italiana ed europea

Alla vigilia della gara più attesa d’Italia, il derby di Bologna fra Virtus e Fortitudo in programma domani alla Virtus Segafredo Arena con palla a due alle ore 20:30, due grandissimi del passato hanno rilasciato alcune dichiarazioni a La Gazzetta dello Sport.

Queste le dichiarazioni di Saša Danilović, indimenticato leader della gloriosa Virtus che fu e soprannominato lo ‘Zar’:

”Quando arrivai a Bologna ero preparato all’ambiente del derby cittadino e delle sue rivalità, perché avevo vissuto quelli di Belgrado tra Partizan e Stella Rossa, ma non immaginavo che fosse così sentito e partecipato da tutta la città. In questo Bologna superava Belgrado. Ho capito subito che era una partita speciale, diversa dalle altre, nelle quale tanti tifosi riponevano le aspettative di una stagione.

All’inizio quell’atmosfera mi piaceva, mi stimolava. Ma alla lunga è diventata stressante, si parlava e si scriveva troppo del derby, molte volte a sproposito. Scusate ma devo dirlo: anche la stampa aveva le sue colpe. Tutto veniva ingigantito. Ricordo la questione della famosa Eurorissa nei playoff di Eurolega 1998. Ma quale rissa? Sono volati pugni? Qualcuno si è fatto male? Riguardatevi il filmato: tanta confusione, qualche spinta, qualche vaffa… tutto lì. Sul finire della carriera ero saturo, lo stesso vale per Carlton Myers. Ne abbiamo parlato spesso: non era più il derby che piaceva a noi.

Sono contento che il derby sia tornato, è un segnale vitale per tutto il basket italiano. Io parlavo del clima attorno, non dell’evento sportivo. Quello rimane e fa parte della storia. Non si può immaginare una Serie A senza Virtus e Fortitudo. Senza il derby. lo ne ho vissuti tanti, tutti diversi. Ne ho più vinti che persi, perciò considero il derby una parte importante e positiva della mia carriera. Il rapporto fra me e Myers? Intanto io e Carlton non siamo mai stati nemici. Rivali sì, ma solo in termini sportivi. Su di noi è stata fatta molta letteratura. Ci siamo sempre rispettati e nel tempo abbiamo condiviso un’amicizia che dura tuttora. Tra giocatori di alto livello esiste sempre un feeling a pelle. Così è stato tra noi. Il nostro duello era una partita nella partita. Sono cresciuto affrontanto Myers e sono convinto che lo stesso valga reciprocamente anche per lui.

Se ripenso al tiro da 4? Qualche volta sì. Ma più spesso mi capita di incrociare persone che mi chiedono di quel tiro. Sui social è ancora oggi un argomento di discussione, dovrei chiedere le royalty per quel gesto. Ogni tanto mi capita di parlarne con mio figlio che gioca a basket e ne capisce. Ma le immagini superano le parole: lui va su Youtube così non devo spiegargli nulla. È il segno dei tempi.

Se la versione attuale della Virtus di Teodosić ricorda in qualche modo quella con me e Ginóbili? Faccio una premessa: ho visto giocare la Virtus solo una volta in EuroCup. Mi aggiorno su internet, sono contento che stia andando forte ma non voglio esprimere giudizi. I paragoni col passato non mi piacciono, sono fuorvianti. Ogni squadra che ha fatto epoca si porta via i propri successi e i propri idoli. Quelli non tornano più, sono solo bei ricordi e basta.

Come se la caverà Đorđević nel derby da ex fortitudino? Sono cavoli (eufemismo ndr) suoi. Immagino che avrà qualche problema con i tifosi della Fortitudo e questo può diventare un vantaggio per la Virtus a livello di carica emotiva. Se sarò al palazzetto in Fiera? Credo che guarderò il derby in streaming trascorrendo il Natale in famiglia.

Chi vince il derby? Ovviamente farò un grande tifo per la Virtus e mi fermo qui. Un pronostico a volte può diventare una gufata, perciò preferisco evitare”.

Queste, invece, le dichiarazioni di Carlton Myers, leader della Fortitudo campione d’Italia nel 2000:

”Da appassionato di storia, soprattutto quella antica, quando mi capita di ripensare a quei tempi mi viene in mente una visione della Virtus come l’Impero Romano: un club strutturato, organizzato e disciplinato per vincere la guerra. La Fortitudo era Cartagine, una roccaforte, formata da uomini fieri e valorosi. Io ero Annibale, condottiero ribelle mentre Danilović era Cesare, splendido imperatore. Ovviamente parlo per metafore, non per periodi storici, perché Cesare è nato 150 anni dopo Annibale. Io e la Fortitudo abbiamo vinto tante battaglie ma non la guerra. Ci ho pensato spesso e alla fine, con la mia conversione religiosa, ho capito che c’era un piano più alto per me. Il Signore ha voluto così e adesso sono felice e in pace con me stesso.

Il derby? Ogni giocatore lo vive a modo suo, il senso di appartenenza ad una maglia non è uguale per tutti. Ma è indubitabile che il suo effetto è direttamente proporzionale alle responsabilità, alla fama e all’ingaggio dei protagonisti in campo. Parlo per me ma penso che sia stato lo stesso per Saša: al nostro livello non poteva essere una partita come le altre. Con tutti gli occhi dei tifosi puntati addosso e le aspettative di nostri club. Vivere il derby è stato anche stressante, si mescolavano pensieri e sentimenti difficili da spiegare e da comprendere. La sintesi però è facile da capire: nessuno poteva perderlo. Tantomeno io.

In Gara-4 della finale scudetto 1998 eravamo sul 2-1 per noi nella serie e sopra di 13 a metà del secondo tempo. Avevamo la partita e lo scudetto in pugno. Guardavo Danilović cercando di carpire un gesto o un’espressione di sconforto, di debolezza. Invece lo vidi insensibile e glaciale, più tranquillo di quanto fossi io. Finì che vinse la Virtus in rimonta e andammo alla fatidica Gara-5 con l’esito che è rimasto nella storia. Anni dopo, quando ero in A2 con Pesaro e giocavamo la finale per la promozione a Pavia, in una bolgia indescrivibile e tutto stava andando storto, mi capitò di pensare a quell’imniagine di Saša. Così mi fermai durante un time out per dissetarmi senza dire nulla. Ero stranamente calmo e rilassato e trasmisi quel momento di pace ai miei compagni. Morale: vincemmo la partita e andammo in Serie A.

La Virtus giocando in casa e schierando quel fenomeno di Miloš Teodosić è favorita. Đorđević ha un giocatore fuori categoria. Faccio i complimenti a Luca Baraldi per averlo portato in Italia. Ritengo che la Virtus sia da scudetto, se non lei non vedo chi possa competere con Milano. La Fortitudo vale i playoffs e sono convinto li farà”.